Il Nevada  si trova nella parte occidentale degli Stati Uniti.

Nevada vuol dire “innevato” (dallo spagnolo) e deve il nome alla catena montuosa della Sierra Nevada.

Quando pensiamo al Nevada pensiamo a Las Vegas e al deserto del Mojave ma c’è anche Reno, "The Biggest Little City in the World" dove ci si può sposare per finta e soprattutto c’è la cosiddetta “città pop-up” che vive una sola settimana l’anno: Black Rock City capitale del Burning Man.

Se andate sul sito del Burning Man trovate in home page queste parole:

THAT’S A WRAP: WAKING DREAMS 2022

It was a week of love and tears, heat and dust, growth and joy, discovery and acceptance, release and renewal. As you dust off your gear, take some time to reflect on your week in Black Rock City, connect with your friends, and take care of your body. 

Il primo Burning Man si svolse in realtà a San Francisco nel 1986, solo successivamente si è spostato nel Black Rock desert.

Il deserto Black Rock è il letto di un grande lago che si è prosciugato migliaia di anni fa lasciando una grande distesa piana, o playa, oggi è tutto quel che resta del Lago preistorico di Lahontan.

Indubbiamente un luogo suggestivo scelto dai due fondatori del progetto: Larry Harvey e Jerry Goodell per i quali il Burning Man era un esperimento di vita comunitaria, di libertà di espressione di inclusione e responsabilità civica.

Burning Man (è un progetto no profit) che si basa (o frose sarebbe meglio dire basava) su dieci principi:

Inclusività radicale, autonomia, espressione di sé, cooperazione, responsabilità civile, propensione al dono, liberazione dai beni di consumo, partecipazione, spontaneità e non lasciare tracce.

“We will always burn the Man.”

“Uniquely expressive acts get transformed and elaborated into social rites, and through participation they accrue a breadth and depth of meaning which can only be produced in a communal setting. It is the primal process by which culture is created.”
– Larry Harvey 

"Waking Dreams” è stato il tema del Burning Man 2022 che si è concluso i primi di settembre (si svolge sempre nel weekend del Labor day, il primo lunedì di settembre, che negli Stati Uniti segna la fine delle vacanze), un grande ritorno dopo la pandemia che aveva costretto gli organizzatori a “trasferire” l’evento online negli ultimi due anni.

Ma cosa vanno a fare centinaia di migliaia di persone nel deserto per una settimana? Perché arrivano a pagare anche 3,000 dollari per accamparsi in un posto senza acqua, luce o qualunque altro mezzo di prima necessità?

C’è sicuramente un prima e un dopo in questa storia.

Gli ispiratori furono influenzati, si dice, dagli scritti di anarchici come Peter Lamborn Wilson che, con lo pseudonimo di Hakim Bey, aveva teorizzato la Temporary Autonomous Zone, uno spazio privo di leggi che consentisse di sottrarsi al controllo della società, i fondatori sembravano sinceramente convinti del fatto di poter tenere fuori da Black Rock City le logiche consumistiche e anche altre deviazioni che avrebbero potuto portare i “burners” ad eccessi pericolosi, tuttavia le cose gli sono sfuggite di mano!

Gli anni Novanta hanno visto l’arrivo al Burning Man di certa cultura legata ai rave con artisti punk noti come Cacophony Society che avevano in comune con i “burners” l’idea di una “Autonomous Zone” ma i cui eccessi non erano visti invece di buon occhio da Harvey e compagni che non volevano trasformare il loro “rito” purificatore in un raduno di drogati.

Negli anni le cose sono andate via via cambiando, la storia di Burning Man annovera morti e feriti, nel 2017 l’ultimo caso eclatante di un uomo che durante il falò finale ha pensato di buttarsi nel fuoco e bruciare insieme all’uomo di legno per raggiungere la purificazione ma non è stato il solo.

Da qui ad arrivare però a trasformare il Burning Man in un evento per l’upper-class americana ce ne vuole!

Qualche anno fa girava voce che Google assumesse solo “burners” … sarà vero?

Che ne è stato dell’Inclusività radicale se esiste una “billionaire row” e, pare che circa il 60% dei partecipanti sia di sesso maschile, in quanto agli afroamericani non sembrano superare l’1% del totale.

Detto ciò, sicuramente quello che mi incuriosirebbe davvero molto sono le installazioni che gli artisti portano al Burning Man, ho visto foto incredibili, immagino che le “sollecitazioni” a livello emotivo possano essere molto amplificate in un contesto così.

Mi sono messa a curiosare sul sito di Burning Man, ho letto qualche speech del fondatore e anche le offerte di lavoro!

We’re Hiring!

Thank you for your interest in working for Burning Man! Please review our open positions and apply to the positions that match your qualifications.  Burn on!

Non so se con i cambiamenti sociali “The touchstone of value” iniziali avevano speranze di sopravvivere, tuttavia mi dispiace che alla fine si sia arrivati a questo, a trasformare l’evento in raduno di bevitori di kombucha con tende super accessoriate e ogni comfort in grado di spegnere il calore del deserto.

Tornando al Nevada.

Io a Las Vegas ci sono stata e non ci tornerei, ricordo la Trump Tower dorata, un tizio a cui ho visto fare il bungee jumping dalla “Stratosphere Tower” (è la copia dello Space Needle di Seattle) passando in auto, gli ubriachi per strada.

Vegas, come la chiamano gli americani, è una città triste, se provate a fare un giro in una delle centinaia di sale da gioco ci trovate l’alienazione dei giocatori che non hanno nulla di “glamour”, più che lusso si respira solitudine.

In Nevada però ci si va soprattutto per il Death Valley National Park, si entra dalla State Route 190 in California e si estende verso Est nel Nevada.

In Nevada c’è anche il Fly Geyser, o Fly Ranch Geyser, un piccolo geyser geotermico che si trova su un terreno privato nella contea di Washoe , a circa 32 km a nord di Gerlach e che però nel 2016 è stato acquistato proprio dal non-profit Burning Man Project per 6,5 milioni di dollari per cui ora se volete dargli un’occhiata da lontano dovete andare sulla statale 34 del Black Rock Desert.

Le cose più tipiche da mangiare in Nevada appartengono alla cultura dei nativi indiani, trovate quindi la pemican (carne essiccata) o la torta al peperoncino verde (chile) e… sorpresa, nel “silver state” trovate anche la cosiddetta “basque cake”, una torta di origini basche portata in America dai baschi che tra 1800 e 1900 earrivati qui per il boom legato alle miniere.

Ma questo è un altro viaggio!

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