Il libro

Quando noi italiani pensiamo alla nazione che vorremmo diventare, cosa ci viene in mente? Probabilmente vorremmo avere un'economia in grande crescita e la piena occupazione: un paese in cui chiunque voglia lavorare possa farlo. Vorremmo avere le migliori università del pianeta e bellezze naturali adeguatamente valorizzate, prodotti culturali dall'influenza globale e la possibilità di definire «made in Italy» non solo un paio di scarpe ma anche un'app capace di costruire il futuro e un'idea che sappia cambiare il mondo. Vorremmo essere il posto ideale per chiunque voglia realizzare i propri sogni, per chiunque abbia un progetto e cerchi le condizioni ideali per trasformarlo in realtà, e magari anche avere una classe dirigente progressista, sensibile, accogliente. Insomma, vorremmo essere un po' più come la California, che infatti da secoli è considerata la «fine del mondo»: un paradiso di tolleranza, prosperità e paesaggi spettacolari, la terra promessa, la più pura incarnazione del sogno americano. Eppure, in California qualcosa si è inceppato, tanto che da anni le persone che la lasciano sono più di quelle che vi arrivano, e dall'ultimo censimento la sua popolazione risulta per la prima volta diminuita. Niente di tutto questo dovrebbe accadere, in teoria. Salvo in caso di guerre e catastrofi naturali, nella nostra epoca i movimenti migratori seguono direzioni segnate dall'economia e dall'occupazione: le persone vanno via dai posti che offrono meno opportunità per raggiungere posti che ne offrono di più. Quella della California è una crisi unica al mondo, ma l'acuta analisi di Francesco Costa ci mostra che le sue ragioni non sono esclusivamente californiane: cominciamo a riscontrarle anche dalle nostre parti. Le città come unici possibili centri propulsivi della crescita economica. La qualità della vita distrutta dai prezzi delle case. Un radicalismo politico infantile. La divaricazione del mercato del lavoro fra chi possiede un'istruzione di alto livello e chi no. Le discriminazioni razziali. La catastrofe climatica. L'attivismo performativo. Le crescenti diseguaglianze fra generazioni. La crisi della California ci costringe a interrogarci sulla realtà che ci circonda e ci invita a stare attenti a ciò che desideriamo, perché potremmo ottenerlo.

La mia lettura

Se siete stati in California e in particolare a San Francisco o se conoscete qualcuno che ci vive probabilmente il libro di Francesco Costa: California (la fine del sogno) non vi avrà sorpresi più di tanto, vi avrà fornito dati su cui riflettere, confermato alcune cose e lasciato sicuramente dei grandi interrogativi, come a me.

Io seguo su Instagram una bella e variegata comunità di expat italiani che vivono in California, persone normali, non startupper o artisti o ricchi imprenditori, persone che fanno lavori normali e sono riusciti a rimanere in California senza finire per strada, con una buona assicurazione sanitaria e delle discrete soddisfazioni professionali che l’Italia gli aveva negato.

Un modo per realizzare il proprio “California dream” penso esista ancora adattato ai tempi, è chiaro.

Quello che è cambiato forse è il fatto che la California ha perso l’esclusiva! Oggi abbiamo capito che i sogni si possono realizzare anche nei posti più impensati, perfino in Italia dove abbiamo visto spuntare un unicorno come Satispay, società fintech nostrana nata a Cuneo e molto simile a tante altre nate nella Silicon Valley.

Ciò detto, cosa ha fatto Costa nel suo ultimo saggio? Ha raccontato con un linguaggio chiaro, con esempi concreti, tutte le contraddizioni dello stato più famoso d’America. 

Terremoti, senzatetto, incendi, razzismo e antirazzismo, istruzione, la sanità, l’insostenibilità del costo della vita:

A San Francisco una stanza costa 3.000 dollari, nella Silicon Valley una casa distrutta costa 1 milione di dollari. Non esistono abitazioni considerate non di lusso. Questo porta a un aumento del costo della vita che precede l’inflazione attuale e oggi chi guadagna meno di 100.000 dollari l’anno è considerato dentro la soglia di povertà.”

Francesco Costa ci racconta la fuga dalla California di quegli americani (imprenditori compresi):

Da anni la California compare nelle prime posizioni di tutte le classifiche degli Stati americani da cui più persone vanno via […] da tempo oltre mezzo milione di persone ogni anno lascia la California […] negli ultimi dieci anni oltre seicentomila si sono trasferite in Texas, e con loro le sedi di aziende enormi e influenti come HP, Tesla, Toyota, Oracle

E’ passato qualche anno da quando i Red Hot Chili Peppers dalle radio di tutto il mondo celebravano il “dream of Californication” e a me sembra del tutto naturale, i tempi cambiano anche per i miti.

Nella terra dell’accoglienza, rimarca Costa, hanno smesso di costruire case per le persone che negli anni sono arrivate numerose e il risultato è che oramai è troppo tardi per rimediare.

Com’è possibile che le cose vadano così male in un posto in cui tutto va così bene? Com’è possibile che uno degli Stati più ricchi e più di sinistra d’America […] non riesca a risolvere la mastodontica crisi umanitaria delle persone senzatetto? Se nemmeno la California è capace di garantire una vita dignitosa ai propri abitanti – nonostante l’economica colossale e galoppante […] – come possono mai riuscirci gli Stati che devono invece fare i conti con la deindustrializzazione, la disoccupazione, la povertà, il debito pubblico, la carenza di innovazione, istruzione, investimenti?

Costa in realtà non parla solo di California, dipinge un affresco contemporaneo dell’ intero Paese che, a mio modestissimo avviso, sta vivendo una crisi identitaria.

Questo libro lo hanno letto in tanti tra le persone che conosco, molti non sono neppure mai stati in California e negli USA ma la curiosità è stata la leva più forte che ha spinto alla lettura, così forse ci si è illusi di poter “smarcare” quel punto sulla lista di “cose da fare prima di morire” se non ne vale la pena! 

Se non lo avete letto io vi invito a farlo per cultura.

Sapete perché in California ci sono tante case di legno?

Come funziona il sistema scolastico?

Perché nel pieno centro di San Francisco si incontra il maggior numero di senzatetto?

Se sognate la California immagino che continuerete a farlo, nonostante tutto.

Aggiungo delle considerazioni mie che prescindono dal libro di Costa.

Provate a guardare la classifica globale che pubblica l’ONU riguardo allo sviluppo sostenibile per esempio, scoprirete che gli USA si trovano al 41° posto, la classifica tiene conto di categorie come equità e ambiente e gli Stati Uniti su questi temi si posizionano tra Bulgaria e Cuba, non è incredibilmente stridente come dato?

Io seguo su Instagram anche l’account @womensmarch che mi aiuta a comprendere diverse cose. Ho scoperto che in America c’è un tasso di mortalità materno tra le afroamericane che è quasi il doppio delle donne siriane e che 1 adulto su 10 è sopraffatto dai “debiti sanitari”.

La classe media americana è sempre meno numerosa e le disuguaglianze sociali sono diventate qualcosa di endemico come il razzismo.

Insomma, nella Silicon Valley giovani geni continuano a lavorare alacremente sfornando invenzioni in grado di cambiarci la vita, eppure, stando ai dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, quello degli Stati Uniti è il più grande divario di ricchezza tra le nazioni del G7.

E tant’è.

California di Francesco Costa

Mondadori

Pp 204 Brossura € 18,50 (io ho la versione ebook)

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