Oggi è il primo “Dantedì” e per l’occasione voglio raccontare Dante con gli occhi degli afro-americani.
L’interesse degli afro-americani per la Commedia di Dante risale al 1800, il tema che più risultò di interesse era chiaramente il proposito del poeta fiorentino di denunciare con la sua opera la disuguaglianza sociale ecco quindi che diversi autori afro-americani individuarono una relazione tra la loro storia e l’opera di Dante.
La spinta decisiva verso la Commedia però fu data nel 1828 da una esposizione permanete che un museo di Cincinnati aveva inaugurato, questa esposizione altro non era che la rappresentazione dei tre regni: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Come sappiamo per il Sommo Poeta coloro che popolano i cerchi più bassi dell’Inferno sono le cosiddette “anime nere” per cui, in una città come Cincinnati, in un periodo storico in cui fortissime erano le tensioni razziali negli Stati Uniti, l’interpretazione che si diede alla mostra fu certamente a sfondo sociale.
Degli anni Sessanta è invece il libro The System of Dante’s Hell, di Amiri Baraka (1965) in cui l’autore “adatta” la struttura dell’inferno di Dante alla società in cui viveva, non ci dimentichiamo che in America negli anni Sessanta si era nel pieno della cosiddetta Black Revolution, il 21 febbraio del 1965 Malcom X fu assassinato in circostanze tuttora poco chiare e il 4 aprile del 1968 venne assassinato Martin Luther King. L’opera di Amiri Baraka trova terreno fertile.
Più recente, del 1985, è invece un romanzo di Gloria Naylor che trovare credo ancora in commercio su Amazon: Linden Hills, una allegoria dell’inferno di Dante scritta con la stessa metrica e con la prospettiva onnisciente della terza persona. L’autrice racconta la storia della famiglia di Luther Nedeed, agente immobiliare del quartiere di Linden Hills. Naylor interpreta il sogno americano come un inferno dove contano solo la razza e la classe. Fu considerato un romanzo provocatorio e iconoclasta su un argomento di rado affrontato.
Cercando in rete ho trovato anche un libro ancora più recente, del 2011 Freedom Readers: The African American Reception of Dante Alighieri and the Divine Comedy, l’autore è Dennis Looney e in questa sua opera ha esaminato tutti quegli autori e autrici afro-americani che si sono ispirati per le loro opere alla Commedia di dante sia a livello stilistico sia a livello “morale”.
Eccone alcuni:
William Wells Brown: uno schiavo fuggitivo che si rifugiò a Londra, scrisse nel 1864 un romanzo intitolato Clotelle, in quanto esule si sentì, probabilmente, vicino al più famoso esule fiorentino.
Henrietta Cordelia Ray, di New York, scrisse nel 1885 una poesia intitolata Dante (lei era una insegnante), in questa poesia il poeta incarna lo spirito di un abolizionista, una sorta di “giustiziere” pronto a portare avanti crociate contro le ingiustizie sociali.
Invece, più in generale, quando fu tradotta la Divina Commedia negli USA per la prima volta? Nel 1867 da Henry Wadsworth Longfellow (poeta)
che nel 1865 fondò un vero e proprio circolo per tradurre Dante a Cambridge, nel Massachusetts dove viveva, il Dante Club. Chi erano gli altri membri del circolo? Il poeta James Russell Lowell, il dottor Oliver Wendell Holmes, lo storico George Washington Greene, l’editore James Fields e Charles Norton, che invece insegnava storia dell’arte. Il “Dante Club” nel 1881 divenne ufficialmente “The Dante Society of America”, i primi due presidenti furono Longfellow, Lowell, e Charles Norton.
Ma prima ancora … Una delle prime traduzioni che arrivarono in America fu quella dell’autore inglese Henry Cary che tradusse l’Inferno nel 1805 e l’intera Divina Commedia nel 1814.
Buon Dantedì quindi! Nonostante tutto, nonostante oggi il mondo stia vivendo un nuovo terribile inferno. #Iostoacasa, #Ioleggoacasa