Il libro
Corbin College, Stato di New York, inverno del 1959. Ruben Blum, professore di storia, viene incaricato di guidare e accompagnare per un weekend uno studioso israeliano che l’università sta valutando di assumere: Ben-Zion Netanyahu, padre di quel Benjamin che alcuni decenni dopo diventerà primo ministro di Israele. L’incontro con la famiglia Netanyahu sconvolgerà la tranquilla esistenza di Ruben, costringendolo a tornare in contatto con le sue radici ebraiche più profonde, da cui per tutta la vita ha cercato di affrancarsi. Liberamente ispirato a una storia vera raccontata a Cohen dal famoso critico letterario Harold Bloom, I Netanyahu è un campus novel, una commedia dissacrante, una lezione di storia, una conferenza accademica, una polemica sul sionismo, una riflessione sui conflitti culturali e religiosi degli ebrei americani e sulle vulnerabilità dei discorsi identitari. Soprattutto, è il libro che conferma Cohen come il più talentuoso romanziere nordamericano contemporaneo.
La mia lettura
Avevo comprato I Netanyahu subito dopo l’uscita, circa un anno fa, l’ho lasciato da parte non so neppure perché, non l’ho mai aperto fino a qualche settimana fa quando ho deciso di leggerlo e una volta incominciato l’ho finito senza interruzioni.
Non è un buon momento forse per “taggare” questo titolo ma il romanzo di Joshua Cohen, a dispetto di quanto si possa pensare, ha come protagonista il famoso critico letterario Harold Bloom, lui sotto le mentite spoglie di Ruben Blum, tiene banco per tutta la trama e Ben-Zion Netanyahu (padre del famoso Benjamin), insieme alla sua famiglia, è l’espediente che consente a Blum/Bloom di raccontare in modo semplice le idee che hanno contribuito a far nascere lo Stato di Israele.
I toni da “commedia” che contraddistinguono il romanzo di Cohen sdrammatizzano quell’incontro/scontro di culture, Blum è un ebreo che si sente perfettamente integrato nella società e nella cultura americana, i Netanyahu che vediamo arrivare più o meno a metà del romanzo su una vecchia automobile, rappresentano le origini, il passato.
Il libro ha un sottotitolo che mi piace molto: «Dove si narra un episodio minore e in fin dei conti trascurabile della storia di una famiglia illustre», Cohen ha raccolto direttamente da Bloom il racconto di questo bizzarro incontro ed è riuscito a tirare fuori un romanzo che è una via di mezzo tra finzione e realtà, i suoi protagonisti ci regalano con leggerezza e ironia una visione molto interessante delle idee, dei sogni, delle ambizioni, degli intellettuali ebrei e mette a confronto il concetto di nazione così come è concepito dagli americani e dagli israeliani.
Joshua Cohen ha fatto un lavoro magistrale trasformando Bloom in un personaggio letterario, ha affrontato temi come il sionismo revisionista con destrezza ed efficacia:
“sionismo pratico” l’ideologia che dava a Ben la possibilità di insegnare l’ebraico con la testa scoperta, persino quando si prestava come primo lettore – nonché quello più affidabile – dei miei sermoni […] La storia del sionismo è così difficile da raccontare, e tutti i tentativi si trasformano presto in metafisica, diventando evanescenti. Socialisti, comunisti, anarchici, sionisti: provi a pensare a quante identità gli ebrei hanno dovuto assumere nell’era moderna solo per poter essere quel che erano, per poter essere di nuovo ebrei … Ma questa volta, per essere ebrei liberamente…
Ben-Zion vuole chiarire quanta menzogna ci sia dietro il mito della democrazia americana, vuole smascherare quella mal riposta fiducia nel progresso, mostrare le falle della libertà di scelta, l’inutilità delle opportunità a certo prezzo.
“ Il dottor Netanyahu preferiva attribuire il potere del cambiamento non a una deità che agiva secondo un disegno imperscrutabile, ma alla vasta gamma di gentili del mondo, esseri umani che agivano per odio, giudicando gli ebrei in continuazione e opprimendoli e generando cambiamenti con le loro oppressioni: convertendoli, sconvertendoli, massacrandoli ed espellendoli. Ecco come il dottor Netanyahu riusciva a far passare la teologia per storia, spogliando il divino dalla sua responsabilità di cambiamento e assegnandola invece ai mortali”.
“ Ho illustrato la carriera di Ben così nel dettaglio solo a partire dall’assunto che, in base agli standard americani, il suo curriculum vitae potrebbe apparire eretico, avere quelle che chiamiamo lacune […] luminari e patrioti americani come il dottor Albert Einstein e la dottoressa Hannah Arendt […] li accusiamo forse di avere delle lacune nel loro curriculum tra il 1933 e il 1945? Ci pronunciamo a loro sfavore perché le loro storie e percorsi di assunzione hanno dei “buchi”? “
Quello che capiamo da questo romanzo di Cohen è che Bloom e Netanyahu (padre) non hanno niente in comune se non il fatto di essere ebrei e tanto bastò a quel college di provincia per pretendere che il critico si trasformasse nello chaperon del medievalista:
“Io sono di storia ebrea, ma non sono uno storico degli ebrei”
Aveva tenuto subito a precisare Blum/Bloom ma non era servito praticamente a niente!
L’incontro tra le due famiglie è un insieme di episodi veri e inventati, saltano fuori i mille pregiudizi, i desideri infranti, e le debolezze umane.
I quattro Netanyahu appaiono terribili agli occhi di Ruben Blum che si sente distante da loro eppure consapevole di pagare lo scotto di quelle origini ogni giorno con numerose manifestazioni di discriminazione e razzismo neppure troppo celato:
Al professor Blum veniva richiesto di travestirsi da Babbo Natale (così “le persone che festeggiano davvero la ricorrenza potranno sentirsi più libere di divertirsi”, il country club rimanda la sua iscrizione senza motivo e via e via …
“Per la mia generazione – dice Blum – un ebreo era fortunato a essere scambiato per bianco [...] per qualsiasi minoranza lo stile e anche la forma di protezione più affidabile era assimilarsi, non differenziarsi”.
Dobbiamo ricordare che il romanzo si svolge esattamente dieci anni dopo la fondazione dello Stato di Israele, Cohen è bravissimo a descrivere stereotipi, modi di pensare, intolleranze e descrive benissimo quella società americana a cui ci ha già ampiamente abituati Roth.
I Netanyahu è un romanzo profondo, complesso come complesso è il suo autore, è un romanzo che può essere letto da chiunque e a livelli differenti, io oggi non posso fare a meno di pensare a Yoni, Bibi e Iddy, alla loro madre Tzila, al loro padre Ben-Zion, a quel che era, a quello che è stato dopo.
Ben-Zion, il figlio Yoni (ucciso in uno scontro a fuoco nel 1976) e Bibi sono vissuti tra due mondi, Bibi in particolare si è laureato in America, ha conservato la cittadinanza americana per più di vent’anni è un israeliano dalle forti radici americane, in questo romanzo è solo un bambino e mi fa tanta impressione pensarlo oggi, intercettare nella visione del sionismo della sua famiglia le radici dei rapporti che si sono sviluppati negli anni con gli Stati Uniti.
Ma questa è solo un commento a un romanzo, lascio dunque le considerazioni di natura politica da parte.
Il libro di Joshua Cohen è assolutamente da leggere.
Joshua Cohen
I NETANYAHU
TRADUZIONE: CLAUDIA DURASTANTI
CODICE EDIZIONI
Pubblicazione: 7 settembre 2022
Euro: 20,00
Pagine: 272