Il libro

Arthur Opp è enormemente grasso. Mangia quello che vuole e tutte le volte che vuole. Come un violoncello imprigionato dentro una custodia, non esce più di casa. L'ultimavolta che l'ha fatto è stato nel settembre del 2001, quando davanti alla TV si è sentito così solo che ha aperto la porta. Una volta in strada, ha visto una giovane donna che piangeva stringendo tra le braccia un bambino dall'aria confusa, e allora è stato travolto dal dolore e dalla nostalgia, dalla pietà per sé e per gli altri. A passi pesanti, fermandosi sette volte per riprendere fiato, è rientrato giurando di non mettere più piede fuori, perché Arthur non ha nessuno da chiamare, nessuno da vedere, nessuno per cui valga la pena uscire. Da diciotto anni non fa più il professore, da una decina d'anni non sale ai piani superiori della sua casa. La camera da letto e tutto quello di cui ha bisogno sono al piano terra, nel suo piccolo mondo, e fuori dalla finestra c'è l'unico panorama che gli serve. Per liberarsi dei rifiuti lancia i sacchi della spazzatura sul marciapiede dal primo gradino, a notte fonda, quando fuori è buio. Per mangiare ordina tutto su internet. Anche se pesa più di duecentoventi chili e gli manca il fiato quando fa più di sei o sette gradini, Arthur si sente al sicuro tra le mura del suo rifugio, lontano dalle illusioni e dalle disillusioni del mondo, lontano dalla crudeltà e dalle vane speranze della vita di fuori, a occuparsi soltanto dell'unica cosa che gli sta a cuore.

La mia lettura

Arthur Opp e Charlene Turner, professore lui, studentessa (non particolarmente dotata ) lei, lui di famiglia benestante lei appartiene al sottoproletariato urbano ed è animata dal desiderio di emanciparsi dalla periferia in cui è cresciuta, entrambi poco avvezzi a confrontarsi con gli altri, la goffaggine li accomuna, tra loro scorre un filo sottile che li unisce, è il filo della solitudine e del desiderio di amore. Nel romanzo i capitoli si alternano dando voce a due personaggi: Arthur Opp e Kel Keller (vi lascio scoprire da soli chi è il secondo), l’autrice usa la prima persona singolare che riesce perfettamente ad “armonizzare” i due punti di vista, completamente assente invece la voce di Charlene che però è presente in tutto il romanzo grazie ai due uomini e ai loro ricordi.

Io ho l’abitudine di andare sempre a guardare l’edizione dei libri in lingua originale, mi incuriosisce vedere per esempio, se il titolo è lo stesso, in questo caso il titolo dell’edizione americana è Heft, parola che tradotta significa “pesantezza”, in senso figurato anche gravità, quindi è una parola che non si riferisce semplicemente al peso fisico di Arthur ma anche e soprattutto al peso psicologico ed emotivo di tutti i personaggi della storia. Liz Moore descrive benissimo il profilo psicologico di Arthur Opp e Charlene Turner ma anche quello di Kel Keller che è solo un ragazzo e deve fare i conti con problemi troppo grandi per riuscire a rimanere indenne. La fisicità di Arthur, nonostante ad un certo punto rappresenti esternamente il suo disagio interiore e diventi poi motivo di auto segregazione, è descritta benissimo da Liz Moore, il profilo psicologico di quest’uomo è molto credibile, come anche Charlene e Kel fa venire voglia di urlargli contro ma per scrollarlo, come si farebbe con un amico depresso e incapace di risollevarsi da solo.

“Cercavo di ricordarmi che esistevano molte persone come me e quante di loro piombavano nella disperazione della solitudine. Accade ogni giorno, mi ripetevo, ogni giorno qualcuno perde il contatto con il mondo e diventa un nobile eremita, connesso solo con se stesso, un serpente che si morde la coda e che poi deve cercare con determinazione l’aiuto della superanima della solitudine, deve farlo, altrimenti morirà.”

L’ingenuità dei sentimenti raccontati in questo romanzo colpisce il lettore, è vero che tutti i personaggi principali mentono e questo è il loro peccato ma Liz Moore riesce con un bellissimo espediente narrativo a regalarci un colpo di scena che contribuisce a rinsaldare il legame profondo che li unisce, uno di quei legami a cui non si può sfuggire perché è la sorte che te lo ripropone e gli impedisce di estinguersi.

Il cuore tenero di Arthur è irresistibile pur non risultando mai sdolcinato e neppure patetico, la credibilità dei personaggi risiede nel fatto che il malessere che ne ha fatto degli emarginati sociali non ha nulla a che vedere con qualcosa di straordinario, è un malessere legato a situazioni comuni, famiglie anaffettive, incomprensioni, fragilità emotiva e questo li rende vicini a chiunque.

Ci lascia una speranza però Liz Moore, non tutti ce la faranno ma a qualcuno viene data la possibilità di ricominciare e quando si arriva a chiudere il libro lo si fa col cuore più leggero.

Liz Moore – Il Peso – neri pozza editore – (Traduzione di Ada Arduini) Pp 352 € 17,00

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