Il libro

«In questo autentico classico del genere gotico, Eleanor Vance, giovane e tormentata donna che non ricorda di essere mai stata felice in tutta la sua vita, viene assoldata dal sinistro professor Montague, aspirante cacciatore di fantasmi, per un soggiorno sperimentale a Hill House ... Giunta a destinazione, Eleanor si trova davanti una casa “che sembrava aver preso forma da sola, assemblandosi in quel suo possente schema indipendentemente dai muratori”; un edificio che “drizzava la testa imponente contro il cielo senza concessioni all'umanità”; una costruzione immune da ogni esorcismo: “un luogo non adatto agli uomini, né all'amore, né alla speranza”; una casa che si rifiuta di essere una dimora accogliente così come Eleanor vorrebbe sfuggire a un sistema di vita che le ha portato soltanto infelicità».  Tommaso Pincio

La lettura di Monia

“Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant'anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.”

Hill House è la protagonista del forse più celebre libro di Shirley Jackson: la regina del romanzo gotico moderno. Hill House con il suo “folle volto”, con i suoi fantasmi, il suo prendere vita di notte, i suoi labirinti fatti di porte che si chiudono sbattendo senza l’ausilio della volontà umana, le sue stanze che paiono non avere via di uscita. Hill House con i suoi rumori soffocanti, le sue prospettive insolite, la sua disarmonia, e quegli spifferi gelidi che muovono a brividi che di freddo non sono.

“L’occhio umano non può isolare l’infelice combinazione di linee e spazi che evoca il male sulla facciata di una casa, e tuttavia per qualche ragione un accostamento folle, un angolo sghembo, un convergere accidentale di tetto e cielo, facevano di Hill House un luogo di disperazione”

Hill House, la classica casa degli spiriti, riunisce sotto al suo tetto un gruppo di persone guidate da uno studioso che, appunto, vuole documentare i fenomeni inconsueti e paranormali che pare abbiano luogo tra le sue mura. Tra questi, Eleonor, una donna debole, che dalla sua vita insulsa vuole fuggire. Una donna che non ha mai avuto amici o relazioni e che, in fondo, non è mai stata amata, o questo è quello che sente. Eleonor si lega subito, in un rapporto di amore e odio (e ossessione?), a Theodora, il personaggio che ha tutto ciò che a lei manca. A Theodora mente, cucendosi addosso una vita che crede la possa far apparire migliore, che la possa rendere frequentabile; in Theodora vede una possibile via di fuga da ciò che lei è.

Ma Eleonor si affeziona soprattutto a quella Hill House che per la prima volta nella vita la sta facendo sentire parte di un gruppo, partecipe a un’avventura. Per estensione: viva.

Shirley Jackson ci regala un romanzo dove tutto risponde allo stereotipo del genere, dove tutto è creato per creare suspense. A partire dall’attesa dell’arrivo, dove la casa, ancora prima di entrare in scena, incombe come idea, come presagio nelle indicazioni che guideranno Eleonor verso di lei

“… gli abitanti sono scortesi con i forestieri e si mostrano apertamente ostili con chiunque chieda informazioni su Hill House”

All’accoglienza da parte del guardiano e della moglie di lui che il lettore potrà solo riuscire a immaginare come figure spettrali e monoespressive: con il volto disegnato dalle rughe di chi non sa sorridere, di chi, forse, ha perso anche la paura di avere paura; personaggi che sembra abbiamo il solo pensiero di allontanarsi da Hill House prima che arrivi la notte

«…Hill House ha fama di essere un’ospite insistente: a quanto pare non ama lasciar andare i forestieri. L’ultimo che ha cercato di svignarsela col buio – è successo diciotto anni fa, lo ammetto – è morto alla curva del viale, dove il cavallo si è imbizzarrito mandandolo a schiantarsi contro quel grande albero…»

L’incubo di Hill House segue il modello della casa degli spiriti anche lasciandoci ascoltare i racconti dei protagonisti, intorno al fuoco, prima di andare a dormire, prima di andare incontro a una notte che potrebbe nascondere il pericolo. Racconti in cui  Immaginano le vite che vorrebbero avere, dove  fingono di essere altri. Ma racconti che accennano anche a chi quella casa ha già abitato, ma che ora evita di nominarla o a quella tragedia che ha visto Hill House come sfondo o come spettatrice.

La casa c’è sempre, sia quando è silenziosa e, forse, addormentata, che quando trova il modo di manifestarsi. Guarda, vigila sui suoi abitanti, o forse studia solo il modo per indebolirli, per coglierli di sorpresa. Per spaventarli.

Tutti stereotipi che in un romanzo di genere ci stanno, ci devono essere, il lettore pretende di incontrarli. Ma nel libro di Shirley Jackson ogni dettaglio ha il tono raffinato che non scivola mai nello splatter. Spaventa l’immaginazione del lettore, semina indizi. Insinua dubbi, su noi che leggiamo e su chi con Hill House deve fare i conti.

E, alla fine, ti spinge a chiederti se le vere paure, i veri mostri sono lì, all’esterno di Eleonor (o di chiunque altro, perché la casa tira “fuori tutti i difetti, la mancanze e le debolezze di ciascuno”) o dentro a lei e si chiamino: solitudine, infelicità, fuga.

È un incubo quello che ci racconta Shirley Jackson, un sogno forse che in incubo si trasforma. È l’addormentarsi con la paura di incontrare quell’incubo, di essere da lui svegliati. Ma tutti abbiamo bisogno di dormire, di sognare, ci dice l’autrice, e questo forse a prescindere dalla forma che quel sogno potrà prendere

“ Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni.”

  Una lettura serale, a mio avviso, perché Hill House bisogna abitarla quando il giorno inizia a calare,  quando i cancelli si chiudono e quando uscire là fuori diventa pericoloso. Un libro da portare nel letto e da accompagnare con un bicchiere di latte caldo e dei biscotti al cioccolato (o almeno io ho fatto così…)

Monia Merli per Leggo Letteratura Americana

 

L'incubo di Hill House - Shirley Jackson

Traduzione di Monica Pareschi
gli Adelphi,  

Pp 233 € 9,60 sul sito dell’editore

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