Non si fruga nella polvere di William Faulkner
Il libro
Una volta, alla domanda se leggesse romanzi gialli, Faulkner replicò sornione: «Quando sono buoni come I fratelli Karamazov». Al pari di Dostoevskij, amava infatti trasfigurare e usare ai suoi fini la struttura del poliziesco - quasi che la letteratura non fosse altro che un polveroso tribunale, nascosto tra le quinte del profondo Sud americano. Questo romanzo del 1948 ne è l'ennesima riprova. Nella mitica contea di Yoknapatawpha - dove Faulkner ambientò molti dei suoi romanzi e racconti più celebri -, il vecchio nero Lucas Beauchamp è accusato di aver ucciso un bianco, e rischia il linciaggio. Il solo disposto ad aiutarlo è un ragazzo bianco, Chick, che non esita - accompagnato dall'amico nero Aleck Sander e da una vecchia zitella forse leggermente tocca - a riesumare il corpo della vittima come Lucas gli ha chiesto. Li attende una scoperta sconvolgente, che cela una torbida realtà. Ma a catturare e trascinare il lettore, assai più del ricorso al murder mystery, sarà il mirabolante «flusso di coscienza» di Chick, intramezzato da descrizioni di una natura bella e crudele, da brani risentiti sulla Guerra Civile, da brevi, convulse scene d'azione: una «rappresentazione a massimo potenziale», per usare le parole di Emilio Cecchi, che sigilla sulla pagina lo stile folgorante, unico di Faulkner.
La mia lettura
Intruder in the dust questo è il titolo originale di Non si fruga nella polvere di William Faulkner, un romanzo del 1948, pubblicato poco prima che lo scrittore americano di L’urlo e il furore, Mentre morivo, Luce d’agosto, Assalonne Assalonne, Santuario ricevesse il Nobel.
Non si fruga nella polvere è un romanzo violento, una di quelle storie che ci mostrano un Faulkner in tutte le sue debolezze riguardo un tema come il razzismo endemico statunitense dal quale l’autore non è in grado di distaccarsi, di dissociarsi perché di fatto è parte della cultura in cui è cresciuto.
Il protagonista del romanzo, il nero Lucas Beauchamp, rifiuta categoricamente la “maschera” di un “Uncle Tom” qualunque, il modo in cui Faulkner ce lo racconta lascia in qualche modo trasparire un quasi imbarazzo, diciamo che è meno convincente del solito riguardo questo argomento.
“Lui è un negro e tuo zio è un uomo. […] lui pensò che non era davvero una pochezza e una povertà di lessico, era in primo luogo perché la deliberata violenta cancellazione l’annullamento di una vita mana erano di per sé così semplici e così definitivi che il frasario che li circondava li racchiudeva li isolava intatti nella cronaca dell’uomo doveva per necessità essere semplice e poco articolato, ripetitivo, addirittura quasi monotono; ma in secondo luogo, più ampio di quello, e di quello presagio, perché quanto la signorina Habersham aveva parafrasato era la semplice verità”.
Lucas dovrebbe emergere come personaggio di rottura, come essenza del cambiamento, invece Faulkner è caduto nella trappola del qualunquismo e ha finito in alcuni casi per ridicolizzare il suo comportamento di emancipazione sociale e razziale, ne enfatizza alcuni comportamenti che inevitabilmente smettono di essere percepiti come naturali e scadono nel macchiettismo.
Da contraltare tuttavia fanno i personaggi che incarnano i cosiddetti “poor whites”, è chiaro che il loro razzismo è strettamente legato anche alle misere condizioni di vita che alimentano l’odio.
Arriva forte al lettore quell’incapacità di vedere il nero come suo simile, appare normale accusare Lucas dell’omicidio perché il nero uccide e il bianco lo brucia vivo, è così che vanno le cose.
Gli stati mentali dei protagonisti sono un tutt’uno con la natura, il caldo, la siccità, la polvere, amplificano la tensione, la rendono esplicita.
Non si fruga nella polvere ci ricorda che Faulkner è quello che il Premio Nobel (assegnato allo scrittore nel 1950) aveva consacrato come custode delle «old verities and truths of the heart» è l’autore che racconta l’uomo nella sua essenza più umana che nella paura emerge in tutte le sue sfaccettature.
Confesso che questo romanzo non è il mio preferito, credo, come accennavo prima, che qui Faulkner non sia riuscito a mettere a fuoco la tragicità che ci si aspettava dalla vicenda che vede protagonista Beauchamp e “The power of blackness” secondo me qui non è deflagrante come in altri romanzi.
Non si fruga nella polvere – William Faulkner
Traduzione di Roberto Serrai
Biblioteca Adelphi
Pp 235 € 19,00